martedì 27 gennaio 2009

Il Ros rivela: Mastella sotto controllo prima del via libera del pm

Vi invito a leggere l’articolo che di seguito riporto, pubblicato oggi 27 gennaio, a pagina 7 del Mattino, a dimostrazione del fatto che, in questo Paese, bisogna avere fiducia nella Giustizia.

«I dati acquisiti nei confronti di numerose persone fisiche e giuridiche erano gestiti unicamente presso lo studio Genchi». La conferma dell’esistenza della banca dati di Genchi arriva il 30 settembre scorso quando il colonnello Pasquale Angelosanto, comandante del Reparto Indagini Tecniche del Ros di Roma, viene sentito, per ore, dai pm salernitani Nuzzi e Verasani. E parla. È una banca dati con utenze telefoniche intestate a parlamentari, magistrati, vertici dei servizi segreti, molte utenze coperte dal segreto di Stato. Ne sapeva niente De Magistris, chiedono i due pm, di questa banca dati? Risponde Angelosanto: «Come ho riportato nelle annotazioni del 17 marzo, 23 aprile e 3 giugno 2008 i dati erano gestiti unicamente presso lo studio Genchi». Ma c’è il capitolo dell’acquisizione del traffico telefonico dell’ex ministro Mastella che il colonnello del Ros descrive. Il consulente di De Magistris, «sapeva» fin dal 23 marzo 2007 che l’utenza telefonica 335/12827... era in uso all’allora ministro di Giustizia. E che solo un mese dopo, il 20 aprile, avrebbe chiesto all’ex pm di Catanzaro di acquisire il tabulato con le telefonate di una utenza a lui già nota: primo, perchè lo stesso Genchi ascolta intercettazioni della procura di Lametia Terme nelle quali Mastella dialoga direttamente con l’indagato Antonio Saladino; secondo, perchè la Tim gli aveva già segnalato l’appartenenza di quel numero intestato «Camera dei Deputati» nell’ambito della consulenza per il processo Poseidone. Mastella controllato illegalmente dal consulente Genchi? Secondo il Ros dei Carabinieri decisamente sì. Perchè Genchi «sapeva» bene, scrive Angelosanto alla procura generale di Catanzaro, che «per riferimenti inequivoci, diversi e plurimi quel numero era registrato nel cellulare sequestrato a Saladino come «Mastella C», poi come «Clemente Mastella» e un’altra ancora come Mastella» fino all’indicazione di un indirizzo di posta elettronica di un collaboratore del ministro. Le risultanze dei Ros, contenute nella relazione del 12 gennaio 2008, vengono spedite alla procura generale di Catanzaro che, nell’ottobre del 2007, aveva incaricato proprio il Ros di verificare tutte le operazioni svolte a Catanzaro da Genchi. Non solo, ma con un supplemento di delega investigativa, due magistrati calabresi Garbati e De Lorenzo, chiedono anche di verificare anche se fossero stati chiesti da Genchi i tabulati delle telefonate di Massimo Giacomo Stellato «in servizio presso l’ex Sismi e indagato nel processo Why Not» con tutti i contatti, in entrata e in uscita, «con numeri telefonici riservati per ragioni di sicurezza nazionale». È il 30 ottobre 2007, la procura generale di Catanzaro revoca la nomina a consulente del pm De Magistris a Gioacchino Genchi e si affida al Ros per «controllare» tutta l’attività del consulente. In Calabria vogliono «approfondire» il ruolo e i compiti svolti, su delega di De Magistris, dal consulente; a Salerno, invece sostengono che l’attività del pm De Magistris di acquisizione dei dati di traffico telefonico «è risultata aderente ai principi fissatui dalla Cassazione in materia» e che sono «legittime» le risultanze degli accertamenti svolti da Genchi su incarico del pm.
Antonio Manzo
da il Mattino
27 gennaio 2009

venerdì 16 gennaio 2009

Mastella, un anno dopo le dimissioni

Dal Tempo di oggi 16 gennaio 2009, riprendo e pubblico l’intervista rilasciata al quotidiano romano ad un anno dalle mie dimissioni da Guardasigilli.

«Mi dimetto perché tra l'amore per la mia famiglia e il potere scelgo il primo». Esattamente un anno fa Clemente Mastella pronunciava queste parole nell'Aula di Montecitorio. Erano le 10.45. Il ministro della Giustizia del governo Prodi annuncia le sue dimissioni con un discorso, forse il più difficile della sua vita. È un Mastella profondamente amareggiato, deluso e livido di rabbia quello che interviene quel giorno alla Camera. Il governo Prodi cade, ci sono le elezioni politiche ad aprile, vince Silvio Berlusconi. È passato un anno, da quel 16 gennaio. Eppure in Clemente Mastella un po' di rabbia c'è ancora. Anzi, lui la chiama in gergo napoletano «la cazzimm». Ricordando quelle ore, riaffiora anche «tutta la crudeltà» della vicenda, «mai vista in 32 anni di Parlamento».
È vero che decise da solo di dimmettersi?
«Sì, ma perché io ho sempre avuto, nella mia fierezza di uomo sannita, il senso delle istituzioni».
Qualcuno non provò a farle cambiare idea?
«Sì, ma è stato fermato dalle mie obiezioni. Non poteva un ministro della Giustizia, con la moglie di fatto in carcere, rimanere al suo posto».
Sembra ancora molto arrabbiato.
«Guardi, la cosa che mi disturba dal punto di vista umano, con la conseguente considerazione politica, è stata l'assenza di tutto il governo. Tranne Vannino Chiti che ringrazierò sempre».
Non la chiamò nessuno della sua coalizione?
«Se è per questo incontrai anche Prodi dopo, ma in quei casi si sta vicini ad un ministro che si dimette, tra l'altro era il ministro della Giustizia. Possibile che avessero tutti da fare quella mattina? Ricordo ancora le parole di Di Pietro...».
Le ricordo anche io, invitava la magistratura ad andare avanti con l'inchiesta.
«Per l'esattezza disse: chi è causa del suo mal compianga se stesso».
Compianga?
«Sì, compianga. Conosce no, l'impianto lessicale di Di Pietro?».
Esiste un colpevole secondo lei?
«Ci sono sicuramente più fattori. Sa dov'è la stranezza?».
Dove?
«Se io avessi avuto qualche scheletro nell'armadio, secondo lei, sarei andato a fare il ministro della Giustizia?».
È passato un anno. In cosa è cambiata la sua vita?
«Sto ritrovando ora un po' di serenità, dopo momenti terribili che non auguro davvero a nessuno. Lo status in cui mi trovo oggi è quello di rifugiato politico, altro che Cesare Battisti».
Come vanno ora le cose a casa sua?
«Diciamo che anche lì va molto meglio. Ma si rende conto che mio figlio è venuto una sola volta su un volo di Stato e per questo sono finito al tribunale dei ministri?».
Sì, ma i voli di Stato non dovrebbero servire per andare a vedere una gara di formula uno...
«Certo. Ma come mai altri figli fanno telefonate particolari, o sono al centro di vicende giudiziarie, e verso di loro non c'è tutta la cattiveria usata nei miei confronti?».
Veniamo a colui che lei, in un'intervista, ha definito «un po' una mia creatura», Riccardo Villari. Pare proprio incollato alla poltrona?
«E ha ragione. Su questo io la penso come Pannella, e cioè che mandarlo via sarebbe una violenza alle istituzioni».
Altra questione: ma quel famoso accordo tra lei e Berlusconi, ci fu o no?
«L'unica cosa che le posso dire è che io vidi Berlusconi 20 giorni dopo la caduta del governo. Di quell'incontro Berlusconi, poi, diede una versione non fedele alla realtà».
Ecco, allora la dia lei.
«Lo farò nel libro a cui sto lavorando».
Un'anticipazione?
«Nonostante il mio affetto per il suo giornale - Il Tempo era il giornale, insieme al Mattino, che leggevo da ragazzo - mi consenta di rimanere vago su questo».
D'accordo, glielo consento. Quando uscirà questo libro?
«Tra un paio di mesi».
Intanto però, ad un certo punto sembrava fatto anche un contratto per lei in Mediaset.
«Non mi risulta. Ho resistito a ben altri regali, tanto per essere chiaro».
Com'è il suo rapporto con Casini?
«Buono».
Un po' vago.
«Cosa vuol sapere? Se andiamo insieme alle europee?».
Beh, per esempio.
«Vedremo. Ci stiamo riprendendo essendo stati messi a dura prova. Però ad una condizione, che ognuno sia generoso».
Che significa?
«Che non si tratta di incamerare nessuno. Bisogna trovarsi tutti insieme. Certo che comunque per quelli del Pd, lì sarà dura. Voglio vedere come se la caveranno, ora che non ci sono più i piccoli partiti, ora che perdono consensi, non c'è più Mastella che rompe le scatole, con chi se la prenderà Veltroni adesso?».
Sta seguendo le vicende del Pd in Campania?
«Possiamo distinguere Napoli dal resto della Campania? Non è giusto generalizzare su tutto. Le posso fare un esempio?
Prego.
«I rifiuti: ma lo sa che Ceppaloni è al 70% con la raccolta differenziata. E che molte altre città non hanno avuto problemi con i rifiuti? Non è giusto fare di tutta l'erba un fascio. E poi la classe politica, all'ordine dei medici di Napoli manca da mesi un presidente perché non si mettono d'accordo. Come vede non sono solo i politici».
Sta dicendo che quindi è un problema di mentalità generale della città?
«Esiste ed è inutile negarlo».
Sì ma gli indagati nella classe politica ci sono?
«Non mi esprimo a riguardo».
Neanche su Renzo Lusetti, persona che consosce bene?
«No. Spero solo che possa spiegare tutto».
Ora che farà, rimarrà sulla riva del fiume aspettando che passi il cadavere?
«Più che come il cinese mi sento come il conte di Montecristo».
Intanto, zuccotto di lana in testa, fa le telecronache del Napoli per "Quelli che il Calcio".
«Mi diverto molto, e lo zuccotto domenica scorsa me l'hanno dato perché faceva freddo. Che sia chiaro, dalla Rai non prendo una lira».
Giancarla Rondinelli