Mi è sembrato doveroso ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, di Vito Schifani, di Antonio Montinaro e di Rocco Di Cillo, nel quindicesimo anniversario della morte, quì, nel luogo ove Giovanni Falcone lavorava quale Dirigente Generale degli Affari Penali il 23 maggio del 1992. E mi è parso giusto farlo con chi qui lo conobbe e con chi in questo Ministero lavora. Giovanni Falcone cadde vittima del più violento attacco criminale portato da Cosa Nostra allo Stato. La Sua colpa era quella di avere, con grande intelligenza e capacità, condotto indagini contro i mafiosi e di averli portati al giudizio della Corte di Assise nello storico e fondamentale maxiprocesso di Palermo.
La Sua colpa era quella di avere, con grande attenzione, raccolto le devastanti dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia. La Sua colpa era quella di avere individuato la strada per la legislazione premiale in favore dei collaboratori. Giovanni Falcone era, insomma, un nemico della mafia e la mafia ne ebbe giustamente paura. Egli è stato un grande magistrato, ben consapevole di quanto la sua vita fosse in pericolo, essendo stato già destinatario di un grave tentativo di attentato, nel 1989, all’Addaura. Ma in Lui conviveva un fortissimo senso dello Stato e della Giustizia e mai il Suo impegno venne meno, anche quando dovette subire l’amarezza di incomprensioni e ostilità. Giovanni Falcone ha lasciato un grande insegnamento: non arrendersi dinanzi alle difficoltà con la consapevolezza, come spesso ripeteva, che la mafia non è invincibile e che lo Stato può riaffermare la sua presenza ed il suo ruolo, al fianco dei cittadini onesti, perché lo Stato non può soccombere al crimine organizzato e al delitto.
Giovanni Falcone è stato un grande italiano ed un grande siciliano, quasi a dimostrare che la Sicilia non è solo mafia e che le regioni del sud, afflitte da una impregnante presenza mafiosa, hanno la forza e la determinazione di riconoscere nello Stato, nella Giustizia e nella Legalità, le stelle polari della crescita e dello sviluppo. Non dobbiamo mai dimenticare gli uomini che hanno dato la loro vita per fare il proprio dovere e per rispondere positivamente a nobili imperativi morali. E’ nostro impegno quello di non disperdere il valore e il patrimonio di professionalità che ci è stato lasciato. Giovanni Falcone amò riprendere una frase di J. F. Kennedy che voglio rammentare: «Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché in ciò sta l’essenza della dignità umana». Vorrei e vorremmo tutti un Paese in cui non ci sia più bisogno di eroi da commemorare, ma solo uomini da rispettare e apprezzare. Nel ricordo grato del magistrato Giovanni Falcone, del magistrato Francesca Morvillo, degli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo, vi invito ad osservare un minuto di raccoglimento.
Clemente Mastella
mercoledì 23 maggio 2007
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3 commenti:
d'accordo. falcone è un monumento
falcone è un grande ma non dimentichiamo tutti quei magistrati uccisi
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